La nuova normativa dovrebbe inquadrare il livello di attenzione, di rischio di uno scalo aereo.
E' davvero così? Superare l'arcaico indice rateo numero impatti/10.000 voli è sicuramente un impegno che avrebbe dovuto essere efficacemente assolto. Il nuovo risk assessment deve essere ritenuto adeguato? L'aver allargato l'analisi ad altri fattori contestuali, quali l'ambito ecologico, il traffico di aeromobili, le specie e il numero di individui di fauna presenti e/o coinvolti, gli effetti sul volo prodotti dagli impatti, migliora l'approccio. E lo risolve?
La materia è stata analizzata dagli esperti del sito www.birdstrike.it di cui riportiamo una recentissima nota.
OSSERVAZIONI SUL BRI2
La recente circolare dell’ENAC APT 01B ha finalmente introdotto un nuovo criterio di misurazione del rischio di wildlife strike all’interno di ciascun aeroporto, denominato BRI2 ovvero Birdstrike Risk Index versione 2.0. Ricordiamo che in precedenza l’indice era calcolato in base al numero degli impatti annui per 10.000 movimenti di aeromobili. Una descrizione semplificata delle procedure di calcolo del BRI2 si trova qui.Appare abbastanza evidente come il BRI2 sia un indice decisamente raffinato e non comparabile con la semplicità del solo valore numerico. Quest’ultimo aveva lo svantaggio di non consentire una valutazione piena della gravità della situazione aeroportuale in base al noto paradosso secondo il quale un aeroporto con 100 impatti con passeri singoli era più “pericoloso” di uno con 10 impatti multipli con gabbiani in stormo.
Ricordiamo tuttavia che il valore numerico era in uso pressoché dappertutto fino agli anni ’90 e che in Italia in precedenza mancava qualunque indicazione di questo tipo. Si può dunque ben dire che aveva fatto il suo tempo ma in qualche modo ha dato un primo forte contribuito nel rivelare lo stato delle cose.
Tuttavia mentre il resto del mondo si è poi orientato verso un indice basato su matrici di rischio per singola specie, arrivando al risultato di un giudizio “rischio accettabile/rischio non accettabile”, l’Italia ha scelto un’altra strada.
Il sistema tradizionale della matrice di rischio prende in considerazione per ciascuna specie la categoria della probabilità degli impatti, basata sul numero degli impatti negli ultimi x anni, e la categoria della severità, in funzione delle percentuali di impatti riferiti a quella specie che hanno storicamente causato danni ad aeromobili, tratti dal database nazionale (una spiegazione più dettagliata delle matrici di rischio si trova in questo sito nell’Archivio 2009). E’ quindi decisamente orientato ad evidenziare i rischi (ed i metodi di prevenzione) per ogni specie.
Il BRI2 invece non ricorre ad un database nazionale, peraltro inesistente, ma prende in esame solo i dati aeroportuali. Il risultato è un valore numerico (da 0 a 2, con la soglia di attenzione a 0,5) di dimensione del rischio aeroportuale in genere; per risalire alle specie più problematiche (e quindi per individuare una prevenzione mirata, che è poi il risultato da ottenere) occorre fermarsi ad uno dei passaggi intermedi del calcolo. Inoltre i valori del BRI2 sono comparabili solo fra aeroporti che utilizzano lo stesso metodo di calcolo, e quindi al momento non utilizzabili per valutare lo stato dei nostri aeroporti rispetto ad altri paesi.
La criticità dell’indice, a nostro sommesso giudizio, non sta nella procedura di calcolo ma nel metodo di raccolta dei dati necessari per il calcolo stesso e conseguentemente nella loro qualità. Il BRI2 presuppone infatti un monitoraggio costante di alta qualità condotto da personale specializzato, in grado ad esempio di valutare il numero di individui di uno stormo, ed in grado di padroneggiare strumenti matematici non elementari. Necessita inoltre di una certa disponibilità di dati storici, ovvero presuppone il fatto che un sistema di monitoraggio così completo ed esaustivo sia già in essere da tempo. E’ pur vero che tali requisiti dovrebbero già essere in teoria posseduti dagli aeroporti, ai sensi della prima, ma soprattutto della seconda versione della circolare APT 01 del 2007; tuttavia se scorriamo l’elenco degli aeroporti italiani nel rapporto 2010 del BSCI, notiamo che ci sono ancora aeroporti che effettuano appena una ispezione giornaliera e nei quali i sistemi di prevenzione ed allontanamento sono ancora ad un livello primitivo, il che ci fa dubitare anche della qualità del monitoraggio.
Nutriamo perciò qualche dubbio sul fatto che questo indice possa portare a valutazioni di rischio corrette nel breve periodo, pur auspicando – naturalmente - che ciò accada nel più breve tempo possibile e di essere così smentiti.
Inoltre mentre il vecchio sistema era difficilmente aggirabile perché i dati grezzi degli impatti ed il numero di movimenti possono pervenire da diverse fonti, anche ufficiali, questo è in gran parte sviluppato all’interno del singolo aeroporto e consente di raggiungere il comodo risultato di stare al di sotto del tranquillo valore 0,5 …..partendo a ritroso proprio da un risultato soddisfacente ed “aggiustando” man mano i diversi valori secondo convenienza. E’ pur vero che a pensar male si commette peccato, ma…..
Abbandonando comunque i “pessimismi cosmici”, aspettiamo con fiducia i dati del prossimo anno (molto opportunamente la circolare è uscita a fine 2011 per togliere qualche facile alibi). Proprio per eliminare qualsivoglia dubbio sarebbe infine opportuno che l’ENAC incrementasse i controlli a tappeto sulla metodologia della raccolta dei dati dei singoli aeroporti.
data inserimento: Mercoledì 15 Febbraio 2012