Ma ecco cosa ne dicono ENAC e BSCI a riguardo! Una premessa è essenziale, Aerohabitat lo ha già segnalato: quale livello di rischio volatili riflette l'odierna situazione di Treviso? E il rischio terzi?
L'AIP Italia nel documento AD 2 LIPH del 4 ottobre 2012 alla pagina sette nel paragrafo "Restrizioni locali ai voli " si legge: "Aerodromo utilizzabile con precauzione a causa a causa della concentrazione di gabbiani. Per verificare l'efficacia delle onde elettromagnetiche per l'allontanamento dei volatili dall'area di manovra i piloti devono accendere il radar meteo prima del decollo e dell'atterraggio".
E' una situazione normale? Secondo Aerohabitat, probabilmente no anche perché occorre aggiungere che, in aggiunta ad un livello di rischio BRI2 limitato, "nell’area ricadente all’interno del Parco del Sile gli impianti di piscicoltura sono prevalentemente destinati all’allevamento della trota iridea in forma intensiva – semi intensiva per altre specie, e sono localizzati in aree di estremo interesse naturalistico ed ecologico. Nel territorio del Parco l’impatto dell’attività di piscicoltura, se intensiva o semi intensiva, diventa rilevante sia per quanto riguarda la qualità dell’effluente finale, sia per le metodiche e le strutture di derivazione delle acque destinate al sostentamento dell’allevamento...".
Gli impianti di itticoltura sarebbero due. Sono ancora due, sono attivi?
La circolare ENAC APT 33 "Procedure per la prevenzione dei rischi di impatto con volatili ed altra fauna selvatica (wildlife strike) negli aeroporti" e la Informazione Tecnica "Linee guida relative alla valutazione delle fonti attrattive di fauna selvatica in zone limitrofe agli aeroporti" sono circostanziate e precise:
"L’Art. 711, inoltre, prescrive che le zone di cui sopra sono soggette a limitazioni le opere, le piantagioni e le attività che costituiscono un potenziale richiamo per la fauna selvatica o comunque un pericolo per la navigazione aerea.
...Si è scelto di classificare le fonti attrattive più importanti con la consapevolezza di non poter così rappresentare tutta la complessa varietà di habitat possibili.
3.1 Zone umide:
3.1.1 Impianti di depurazione acque reflue
3.1.2 Laghetti e bacini d’acqua artificiali
3.1.3 Canali artificiali e corsi d’acqua
3.1.4 Produzioni di acquicoltura
3.1.5 Aree naturali protette
Produzioni di acquicoltura
L'acquicoltura è l'allevamento di pesci in vivai, dove per “pesce” si intende le carni e le altre parti edibili di animali acquatici comprendendo, oltre ai veri e propri pesci, anche molluschi e crostacei.
In Italia possiamo individuare, in generale, tre categorie di allevamenti: in vasche, in gabbie a mare e in laguna.
Gli allevamenti di pesci e di molluschi rappresentano indubbiamente una fonte attrattiva per la presenza necessaria dell’elemento acqua, per l’utilizzo del mangime composto da vari tipi di materiale organico e per la stessa presenza abbondante di pesce che a vari stadi della sua crescita, da quello larvale a quello adulto, costituisce fonte di cibo per svariati tipi di uccelli, come gabbiani, aironi e cormorani, ad esempio.
Poi ci sono tutti i problemi connessi al trasporto, conservazione e distribuzione del mangime e del pesce prodotto, nonché alla eventuale lavorazione del pesce prima della distribuzione e quindi allo smaltimento degli scarti.
Per questi motivi questi impianti possono costituire fonti attrattive per diverse specie di fauna selvatica e la loro realizzazione a distanze inferiori a 13 km dagli aeroporti dovrebbe essere valutata da esperti caso per caso.
Il Regolamento per Certificazione degli Aeroporti - Capitolo 5 prevede le seguenti azioni a carico del gestore di un aeroporto certificato:
a) Predisposizione e trasmissione all’ENAC di uno studio di tipo naturalistico-ambientale comprensivo di risk assessment;
b) Riporto all’ENAC di ogni evento di wildlife strike;
c) Elaborazione e trasmissione all’ENAC, con frequenza annuale, di una relazione riepilogativa sul wildlife strike;
d) Predisposizione e trasmissione all’ENAC di una adeguata procedura (piano di prevenzione e controllo del rischio di wildlife strike), da inserire nel Manuale dell’aeroporto, che definisca le azioni intraprese per prevenire o minimizzare il rischio di wildlife strike;
e) Segnalazione all’ENAC e agli Enti competenti delle fonti attrattive di fauna selvatica identificate al di fuori del sedime aeroportuale al fine di consentire iniziative mirate di mitigazione del rischio.
La segnalazione delle fonti attrattive esterne all’aeroporto
La procedura di cui al precedente paragrafo deve prevedere le modalità con cui il gestore aeroportuale assicura l’eliminazione e/o la mitigazione delle fonti attrattive per uccelli od altra fauna selvatica all’interno del sedime aeroportuale.
Il gestore aeroportuale è altresì responsabile di individuare, nei limiti delle proprie competenze, la presenza di potenziali fonti attrattive per mitigarne l’azione nelle zone limitrofe il sedime aeroportuale; le stesse, opportunamente documentate, dovranno essere portate all’attenzione degli Enti locali competenti e dell’ENAC - Direzione Operazioni competente che potrà, qualora necessario, rappresentare la posizione dell’Ente ai sensi dell’Art. 711 del Codice della Navigazione.
... La creazione di rapporti diretti con tutti gli stakeholders che insistono sulle aree intorno agli aeroporti (Pubblica Amministrazione, agricoltori, imprenditori, ecc.) al fine di sensibilizzarli sul fenomeno del wildlife strike e delle possibili conseguenze; nonché per acquisire informazioni di quanto avviene, relativamente alle fonti di attrazione di fauna selvatica, nei dintorni dell’aeroporto;
controllo della fauna (tramite gestione ecologica del sedime)
Il controllo della fauna si esercita attraverso il controllo dell’ambiente aeroportuale: il piano deve quindi prevedere almeno:
• La disdetta dai contratti di utilizzazione agricola dell'aeroporto e/o la loro eventuale riformulazione in senso compatibile con il rischio di wildlife strike;
L’esperienza internazionale ha dimostrato che bisogna guardare con sempre maggior diffidenza alle coltivazioni agricole in ambito aeroportuale. Il risultato da raggiungere a regime è pertanto quello della progressiva scomparsa di ogni tipo di coltivazione (e relativi lavori) dai sedimi aeroportuali; l’unica attività concessa dovrebbe pertanto essere lo sfalcio dell’erbatico naturale, anche se ciò si traduce necessariamente in un aggravio dei costi (o in mancati guadagni). Data la lunga durata dei contratti agricoli, nelle more della loro scadenza si suggerisce di imporre alle coltivazioni limiti rigorosi in termini di: tipologia di prodotto, vietando ad es. colture cerealicole, girasoli o altre colture in grado di attirare volatili o altra fauna selvatica; distanza dalle infrastrutture di volo, mai inferiore a 300 mt.; altezza della vegetazione, da mantenere possibilmente intorno ai 25/30 cm.; orari di aratura, sfalcio e lavorazione dei suoli, possibilmente sempre di notte.
• Il divieto assoluto da ogni sedime aeroportuale dell’allevamento di bestiame e del pascolo;
• La gestione della vegetazione spontanea e delle aree a verde in generale, con particolare riferimento all’altezza dell’erba ed al numero dei tagli necessari per far sì che essa non sia al di sotto di 25/30 cm. (tall grass policy).
• La gestione di tutte le possibili fonti attrattive per la fauna selvatica (specchi d’acqua, depositi di materiale organico, hangar, edifici, antenne, ecc.) attraverso l’eliminazione o la predisposizione di specifiche misure di mitigazione, anche seguendo le indicazioni contenute nelle Informative Tecniche citate al paragrafo 3 punti k e l della presente circolare.
• La verifica strutturale delle recinzioni e dei varchi al fine di impedire l’accesso al sedime aeroportuale di fauna terrestre (cani, nutrie, bestiame, ecc.)."
data inserimento: Sabato 18 Maggio 2013