Tutelare il Salmone o tutelare i voli dell'unico scalo limitato a 16.300 voli/anno? Nella informativa tecnica ENAC “Linee guida relative alla valutazione delle fonti attrattive di fauna selvatica in zone limitrofe agli aeroporti”, il Piano di Rischio, il Rischio Terzi, i livelli di Carico antropico, Il Piano Ostacoli, ancora di ENAC, l'elencazione delle attività storiche esistenti, delle edificazioni e tanto altro impressiona. Tra le tante considerazioni possibili la coesistenza tra l'attività aerea del Canova e laghetti e bacini d’acqua artificiali e naturali, i canali artificiali e corsi d’acqua, la produzioni di acquicoltura, le aree naturali protette, la vegetazione, le piante ornamentali e giardini e la vegetazione è oggetto di queste brevi note.
I tanti alberi, arbusti, cespugli i prati e le piantagioni e coltivazioni agricole oltre alle opere ed attività umana, alle discariche e alle industrie e impianti di depurazione acque reflue. Ma anche l'industria manifatturiera, gli allevamenti di bestiame, in aggiunta alle costruzioni e manufatti oltre alle attività aeroportuali: un elenco infinito. Una lista indispensabile per l'analisi del livello di rischio che le attività aeroportuali determinano per la coesistenza con la comunità dei cittadini residenti e/o presenti.
Un sedime aeroportuale di solo 128 ettari, tra i minori nel panorama degli scali aerei del Belpaese, con una aerostazione affiancata dal deposito di carburante avio, con una pista localizzata sul fiume Sile e, osservando le foto dall'alto di Goggle Map, con estese itticolture e con un target: dalle trote allo Storione del Sile.
La Commissione Regionale VAS – Autorità Ambientale per la Valutazione Ambientale Strategica - nella nota n. 52 del 30 giugno 2009 (o.d.g. 2 del 30 giugno 2009) avente per OGGETTO: Ente Parco Fiume Sile. Rapporto Ambientale alla Variante al Piano Ambientale riporta:
“Lungo il corso del Fiume Sile sorgono numerose macchie boscate, peschiere utilizzate per l’allevamento ittico di trota, storione ed altre specie dulciacquicole ed ex mulini, tra cui il Mulino Barbasso ed il Mulino di Cervara, posti ai margini di un’area paludosa relitta; in questa zona si trovano anche specchi d’acqua dovuti alla passata attività di estrazione di ghiaia.”
Quali e quanti allevamenti sono insediati in prossimità della pista dell'Antonio Canova? Sono compatibili con l'attività aerea? Distano 13 km dalla pista secondo le prescrizioni della “Linee guida relative alla valutazione delle fonti attrattive di fauna selvatica in zone limitrofe agli aeroporti”?
A pagine 9 si legge “Gli scoli degli impianti contengono spesso sufficiente materiale organico per attrarre stormi di gabbiani agli scarichi e lo smaltimento dei fanghi di depurazione migliora sicuramente l'umidità del suolo e la qualità del terreno che porta così ad un incremento di fauna e flora. Per questi motivi questi impianti possono costituire fonti attrattive per diverse specie di fauna selvatica e la loro realizzazione a distanze inferiori a 13 km dagli aeroporti dovrebbe essere valutata da esperti caso per caso.
I moderni impianti per il trattamento delle acque reflue, diversamente dai vecchi impianti, possono prevedere apposite coperture delle vasche, dei canali di scorrimento dei liquidi ed in genere di tutti gli spazi aperti. In questi casi la potenzialità attrattiva di fauna selvatica sarà funzione delle capacità di copertura e separazione delle operazioni di depurazione dall’ambiente circostanti”.
A pagina 12 dello stesso testo al paragrafo Produzioni di acquicoltura si legge:
“L'aquicoltura è l'allevamento di pesci in vivai, dove per “pesce” si intende le carni e le altre parti edibili di animali acquatici comprendendo, oltre ai veri e propri pesci, anche molluschi e crostacei. In Italia possiamo individuare, in generale, tre categorie di allevamenti: in vasche, in gabbie a mare e in laguna.
Gli allevamenti di pesci e di molluschi rappresentano indubbiamente una fonte attrattiva per la presenza necessaria dell’elemento acqua, per l’utilizzo del mangime composto da vari tipi di materiale organico e per la stessa presenza abbondante di pesce che a vari stadi della sua crescita, da quello larvale a quello adulto, costituisce fonte di cibo per svariati tipi di uccelli, come gabbiani, aironi e cormorani, ad esempio. Poi ci sono tutti i problemi connessi al trasporto, conservazione e distribuzione del mangime e del pesce prodotto, nonché alla eventuale lavorazione del pesce prima della distribuzione e quindi allo smaltimento degli scarti.
Per questi motivi questi impianti possono costituire fonti attrattive per diverse specie di fauna selvatica e la loro realizzazione a distanze inferiori a 13 km dagli aeroporti dovrebbe essere valutata da esperti caso per caso.”
La questione del Parco Naturale del Fiume Sile è stato anche oggetto del documento della Regione Veneto “PIANO AMBIENTALE FIUME SILE - SINTESI DELLE RELAZIONI – nel paragrafo “Aspetti faunistici (pesci, anfibi, rettili e impianti di piscicoltura) si legge anche:
“Il problema diffuso del disturbo da parte dell’uomo nei confronti delle diverse attività della fauna selvatica ha ulteriormente ridotto la possibilità di sopravvivenza a quelle specie che sono maggiormente sensibili alla nostra compresenza. Tra le attività commerciali diffuse nel territorio del Parco non si può non sottolineare quella dell’itticoltura; diverse peschiere esistono infatti lungo l’asta del Sile e ne influenzano la qualità delle acque, oltre che l’afflusso in base al prelievo.E’ quindi opportuno che la salvaguardia della flora e della fauna selvatiche prendano un ruolo primario tra gli interventi da attuare nel territorio del Parco del Sile. Le ricerche sulle Classi di Vertebrati di seguito riportate sono un punto d’avvio fondamentale per operare le necessarie scelte gestionali.
Su queste basi si dovranno approntare dei progetti particolari per il ripopolamento o la eventuale reintroduzione delle specie autoctone che sono rarefatte o addirittura scomparse. I dati ottenuti infatti hanno evidenziato che la Trota marmorata (Salmo t. marmoratus) e il Temolo (Thymallys thymallus) non sono più in grado di essere presenti con popolazioni autonome. Specie più piccole come lo Spinarello (Gastrosteus aculeatus), il Panzarolo (Orsinogobius punctatissimus), il Ghiozzo di fiume (Padogobius martensi) o il Cobite (Cobitis taenia) sono relegate in poche stazioni con popolazioni estremamente frammentate nell’ambiente in cui vivono. Non è da trascurare la presenza di specie alloctone quali la Trota fario, tipica dei corsi d’acqua montani e pedemontani, la Trota iridea, il Persico sole, la Gambusia.
Una corretta gestione futura potrà riportare, almeno in parte, ad un ripristino delle condizioni ottimali per alcune specie, mentre per altre saranno doverosi interventi di progettazione sistematica per ripopolare o reintrodurre le specie scomparse”.
Il territorio dell’intorno aeroportuale risponde a normative specifiche per assicurare la safety deglii aeromobili in atterraggio, decollo e sorvolo. Normativa nazionale e internazionale prescrive regole e procedure specifiche. Eccone alcune:
. L. 157 del 11.2.1992 -Il controllo del livello della popolazione dei volatili negli aeroporti è affidato al Ministero dei Trasporti.
• L. 221 del 3.10.2002 - Deroghe nell’interesse della sicurezza aerea.
• Circolare DGAC 12479 del 21.10.99 - Obbligo da parte dei gestori aeroportuali di provvedere ad ogni dovuta azione per prevenire rischi da volatili.
• Regolamento per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti, ENAC - Cap. 4 –5.
• D.Lvo 15 marzo 2006, n. 151- Codice della Navigazione – Artt. 707 – 711
• Circolare ENAC APT 01B del 23.12.11 “Direttiva sulle procedure da adottare per la prevenzione dei rischi di impatto con volatili negli aeroporti.
data inserimento: Martedì 29 Maggio 2018