Il programma SARA (Sapienza Airport Risk Analysis) calcola il rischio individuale! Ecco perché la mappa del rischio aeroportuale incide più di quello acustico e di quello atmosferico!
Se i modelli matematici (ex INM ora AEDT) hanno prevalso nel definire l’impatto acustico e atmosferico aeroportuale – ma anche le stime delle ricadute dei masterplan al 2030-2044 – quale ripercussioni generano tali calcoli nel cosiddetto “rischio di incidenti aerei” nell’intorno delle piste di volo civili-commerciali (ma servirebbero anche per le aerobasi militari italiane) della Penisola (oltre alle isole)?
Una cosa è certa e, comunque, indifferibile, tutti i masterplan autorizzati dal Ministero dei Trasporti e dell’Ambiente al 2030-2044 dovrebbero essere rifatti e aggiornati. Nessun dubbio e perplessità è un’operazione obbligata: qualsiasi Magistrato lo approverebbe.
Ma in discussione è il Piano di Rischio e il Rischio Terzi: la questione primaria e fondamentale della coesistenza tra infrastruttura aeroportuale e comunità locale storicamente insediata è questa.
Belpaese e gli aeroporti, tra reale adozione del piano di rischio (integrale non parziale di 500 metri laterali), la definizione “reale e autentico” del carico antropico (tra centri commerciali, scuole, istituti vari, ospedali, ecc.) e la contabilità delle curve di isorischio e rischio terzi”: a punto siamo?
L’ENAC massima autorità in materia è soddisfatta della effettiva adozione degli Art. 707 e Art. 715 del CdN (Codice di Navigazione), da parte dei relativi Comuni aeroportuali?
Dopo le incertezze susseguenti all’iniziativa dei due Comuni bergamaschi di Orio al Serio e Azzano San Paolo, prospicenti alla pista dell’aeroporto Caravaggio-Bergamo, le sentenze del TAR Lazio nn. 5696/15, 5500/15 e 5515/15' che aveva abrogato l'Emendamento 7 del Regolamento per la Costruzione e l'Esercizio degli Aeroporti relativo alla nuova configurazione delle fasce di tutela, zone laterali C e D.
Dopo che l'ENAC aveva presentato appello al Consiglio di Stato; accolto favorevolmente con la sentenza n. 1360 del 0610412016 ricorsi riuniti RG nn. 5965 e 6199/2015. La sentenza ha quindi ristabilito la valenza
delle fasce laterali C e D a 1000 metri la materia è stata ripristinata e l’identificazione delle valutazioni relative al carico antropico previsto nell'area interessata dall'impronta del piano di rischio.
Come è ben noto i rischi connessi alla presenza di aeroporti ed alla possibilità di incidenti aeronautici sono ricondotti a due principali tipologie, per ognuna delle quali possono essere individuate misure di controllo e di mitigazione differenziate:
il rischio generato dall’attività di volo nei confronti del territorio;
il rischio generato dal territorio nei confronti dell’attività di volo.
“La prima tipologia di rischio implica la possibilità che si manifestino danni al costruito ed alla popolazione nelle aree limitrofe ad un aeroporto, a seguito del verificarsi della caduta di un aeromobile sul territorio. La seconda tipologia di rischio, invece, relativa al rischio generato dal territorio nei confronti dell’attività di volo, considera i possibili danni generati all’attività aeronautica da parte di alcune attività presenti sul territorio; tali attività costituiscono elementi di ostacolo alla sicurezza della navigazione aerea e, pertanto, fattori potenzialmente pericolosi. Tra queste attività si evidenziano, in particolare, quelle che comportano riduzioni o distorsioni della
visione, l’interferenza con gli apparati di radioassistenza o il richiamo per la fauna selvatica.
Per ognuna delle due principali tipologie indicate possono essere individuate misure di controllo e prevenzione differenti, in funzione dell’evento pericoloso in sé (tipologia di aeromobile coinvolto, numero passeggeri, quantità di carburante,…) e degli effetti ad esso associato (impatto con un edificio, numero decessi, …). Per quanto riguarda il rischio generato dall’attività di volo nei confronti del territorio, la mitigazione del rischio avviene mediante interventi che limitano la presenza umana in prossimità degli aeroporti e la possibilità di
insediamento solo di attività che sono da ritenersi compatibili a causa della potenziale amplificazione delle conseguenze di incidenti; per il rischio generato dal territorio nei confronti dell’attività di volo, invece, possono essere previsti interventi di rimozione degli elementi ostacolanti o interferenti già esistenti. Ne deriva che, la valutazione del rischio associato alla presenza di un aeroporto in un determinato territorio, deve considerare tutta una serie di fattori che caratterizzano sia lo scalo aeroportuale in sé e l’attività di volo in generale, sia il contesto territoriale in cui questo è inserito”.
Come si valutano tali ”insidie”?
Lo scorso 23 Dicembre 2016 (SSN 1819-6608) - ARPN Journal of Engineering and Applied Sciences nel documento “RISK ANALYSIS IN THE SURROUNDING AREAS OF ONE-RUNWAY AIRPORTS: A METHODOLOGY TO PRELIMINARY CALCULUS OF PSZs DIMENSIONS” P. Di Mascio and G. Loprencipe del Department of Civil, Constructional and Environmental Engineering, Sapienza, Università di Roma, Rome, Italy hanno autorevolmente argomentato sulla materia (www.arpnjournals.com).
Con il programma SARA (Sapienza Airport Risk Analysis) sono stati analizzati e modelizzati il rischio terzi di numerosi scali italiani (tutti?) – “calculates the risk contours for any airport with up to four runways and it calculates the individual risk at all points of a mesh drawn around the runway”.
Gli scali italiani con pista singola sarebbero stati divisi in tre categorie, in relazione al numero di voli/anno:
Airport category I: da 30.000-50.000 voli/anno;
Airport category II: tra 50.000- 75.000 voli/anno;
Airport category III: oltre 75.000 voli/anno.
Tali modelizzazioni e i conseguenti risultati, salvo per taluni scali e solo le mappe delle curve di isorischio conclusive, e, probabilmente sono stati sottoposti a tali analisi anche piste con voli intorno a 10mila voli/anno e superiori qualora localizzati in determinati centri storici, a ridosso di edificazioni e insediamenti specifici o in prossimità di reti autostradali e/o di fiumi, ma non si conoscono dati precisi.
L’analisi delle zone di rischio e Public Safety Zone (PSZ) si avvale di te sub-modelli secondo le prescrizioni dell’ICAO Airport Planning Manual :
a probabilistic model of accidents;
a probabilistic model of accidents dispersion around the airport;
a model of accident consequences;
ma non si conoscono i criteri e le valutazioni del sistema italiano SARA (Sapienza Airport Risk Analysis) e quali ricadute realizzino nell’intorno dei singoli aeroporti. Quale è rischio individuale e quale è il rischio sociale-collettivo nelle tre categorie di aeroporti analizzati dal sistema SARA? Quali valutazioni ha espresso ENAC a riguardo? Ne condivide e sottoscrive le conclusioni? Anche per i masterplan al 2030-2044?
La differenziazione tra “Individual and Societal Risk” sarebbe fondamentale perché genera due concetti di tollerabilità del rischio. Quale è la situazione negli scali aerei del Belpaese.
Quando ENAC invita taluni “Comuni aeroportuali” a limitare l'incremento del carico antropico in zona di tutela A, di verificare l'insediamento solo di attività a basso affollamento, di analizzare all'interno delle volumetrie attualmente dismesse in tale zona di tutela indipendentemente dalla tipologia di attività precedentemente insediata, attività che dovranno comportare una permanenza discontinua di un numero limitato di persone, quale significato assume per i consiglieri comunali che devono responsabilizzarsi nell’adozione del piano di rischio da un lato e nell’autorizzare attività commerciali e/o sociali nell’intorno delle piste di volo?
data inserimento: Venerdì 04 Agosto 2017