Il ricalcolo sul limite dei 50mila/voli anno! Nella valutazione di impatto di rischio (third party risk assessment), che si associa all'adozione dei piani di rischio di cui all’art. 707 del Codice della navigazione, sono esclusi gli aeroporti militari.
Ma lo stesso Art. 715 del CdN, è rapportato alla valutazione di rischio delle attività aeronautiche con l’utilizzo di metodi scientifici (modelli matematici certificati e autorizzati) , viene applicato ad aeroporti interessati da significativi volumi di traffico. L’Enac ha individuato gli aeroporti per i quali effettuare la valutazione dell’impatto di rischio e dovrebbe aver comunicato i “risultati ai Comuni interessati per l’adeguamento delle misure previste nei piani di rischio adottati.”
Il dato che discrimina tale analisi di “rischio terzi” dovrebbe essere di 50mila/voli anno, anche nel caso di Treviso-San Angelo, scalo che a cui è stato posto un limite/anno di 16.300 voli/anno le considerazioni sembrerebbero, invece, del tutto distintive.
Quali le cause, quali le ragioni che hanno posto tale limite di voli su una pista di volo nel Belpaese?
La politica “preliminare e preventiva” al fine di contenere il “rischio derivante dalle attività aeronautiche alle comunità presenti sul territorio limitrofo agli aeroporti, l’Enac individua gli aeroporti per i quali effettuare la valutazione dell’impatto di rischio”.
A tale scopo Enac ha adottato la metodologia statistico-matematica elaborata dall'università La Sapienza per effettuare le valutazioni di risk assessment ed ha fissato i parametri sulla base dei quali individuare gli aeroporti su cui effettuare tale valutazione.
Nel quadro dell'adozione del piano di rischio il risk assessment, “rappresenta uno strumento di tipo
quantitativo poiché ogni studio è basato su dati specifici dell’aeroporto in esame (tra i quali volumi di traffico, rotte seguite, tipologie di aeromobili)”.
Ma tra gli otto scali civili-commerciali italiani che nel 2017 hanno movimentato oltre 50mila/voli/anno, Fiumicino, Malpensa, Bergamo, Linate, Bologna, Catania, Napoli, Venezia, come in fondo anche tra i restanti aeroporti l'incidenza dei voli di Aerotaxi e di Aviazione Generale è rilevante.
Per quale ragione il “peso” e l'incidentalità statistica di questi voli “minori” non è registrata nel rischio terzi-risk assessment? Per quale ragione “l'’analisi del rischio contro terzi, ai sensi dell’art. 715 del Codice della Navigazione, viene effettuata considerando principalmente gli aeromobili appartenenti all’Aviazione Commerciale”?
Ma quanto incidono questi voli aerotaxi e aviazione generale sui primi otto aeroporti italiani?
Nel 2017 Linate ne ha registrati 21.263, Bergamo solo 1.559, Bologna 4.790, Malpensa 4.199, Napoli 7227, Fiumicino 2701, Catania 2014, Venezia 6645. Ma Ciampino che ha registrato 35.412 di aviazione civile-commerciale ha cumulato 8969 di Aerotaxi e 9855 di aviazione generale: superando i 50mila voli senza, probabilmente, rilevare i voli militari – governativi.
L'’output dell’analisi complessiva del “rischio terzi” con e senza aerotaxi e A.G., in aggiunta ai voli militari e degli scali militari (italiani e USA-NATO), in relazione al rischio individuale e al rischio sociale (il rischio individuale fornisce la probabilità di un individuo, permanentemente presente in un certo luogo, di esser soggetti ad un danno e il rischio sociale che dovrebbe definire la probabilità di una popolazione di individui) non dovrebbero, a questo punto, essere riconsiderati?
data inserimento: Mercoledì 13 Giugno 2018