Riguarda - almeno - gli scali con traffico inferiore a 1,5 milioni di passeggeri/anno! Dai dati di traffico ENAC 2015 emerge come siano 21 gli scali italiani che hanno registrato volumi superiori a 1,5 milioni di passeggeri/anno. Il Piano Nazionale Aeroporti ha designato l'importanza degli scali con 3 scali Gate Intercontinentali, 12 Strategici e 38 di Interesse nazionale. Sono 53 scali, ai quali vanno aggiunti quelli Locali. I dati di traffico riportati sono totali e non è possibile scorporare quelli derivati dall'apporto degli incentivi al volo su ogni singolo aeroporto, ovvero quanto incidano i cosiddetti "aiuti di stato", le "insostenibili" policy di co-marketing, sui passeggeri movimentati e perciò sui bilanci delle società di gestione aeroportuale. Forse una analisi comparata costi-benefici, ovvero contributi versati, rete operativa derivata e risultati di bilancio potrebbe escludere solo pochissimi scali: forse solo i tre Gate Intercontinenali.
Diventa quindi importante e verosimile e compatibile un parallelo tra i due sistemi primari di un Paese?
Il sistema bancario che da alcuni mesi è nell'occhio del ciclone e un sistema aeroportuale che denunzia da tempo criticità prolungate anche se non ancora rese trasparenti e confermate dai media.
Una lente di ingrandimento per osservare e analizzare la realtà è diventata una operazione indispensabile.
Le considerazioni preliminari quanto scontate, rimandano al numero degli aeroporti operativi, alla loro consistenza, alla loro efficienza, alla loro redditività, ai loro bilanci e alle loro - reciproche - ripercussioni sul sistema Paese.
Ma quali parametri industriali e quali indicatori potrebbero rendere trasparente una analisi dettagliata e comparata tra i due sistemi?
La situazione di tensione e di crisi di aziende/società di gestione aeroportuali - pubbliche, partecipate e private - prima o poi, come avvenuto per il sistema bancario finirà all'attenzione dei tecnici della UE: l'apporto del co-marketing finanziato dal "sistema-pubblico", i piani di finanziamento erogati per l'adeguamento, la ristrutturazione e l'ampliamento degli aeroporti non potranno che essere analizzati con criteri oggettivi. Lo scenario è quello di incroci azionari, acquisizioni societarie , sofferenze, debiti, fiducia e ricerca crediti, per aziende quotate e non. Numerose commissioni, enti, agenzie operano con tecniche e strumenti di analisi e vigilanza sul sistema aeroportuale italiano, anche quando i report divulgati risultano lusinghieri.
Ma quale futuro hanno queste gestioni aeroportuali? Dai Gate Intercontinentali agli scali di interesse nazionale ai locali.
Come se la passano aeroporti a ridosso di scali aerei rilevanti? E' un futuro rosa o problematico?
Infrastrutture aeroportuali, Piano nazionale Aeroporti, la competitività territoriale le dinamiche per lo sviluppo di un’area, la politica delle risorse e dei finanziamenti disponibili, la loro integrazione nell'economia nazionale internazionale, nel processo di globalizzazione non possono ignorare e/o evitare l'equazione costi/benefici in relazione agli investimenti realizzati.
La cosiddetta catena logistica del sistema aeroportuale correlato all'identificazione degli aeroporti strategici, di interesse nazionale e locale designato dal Piano nazionale Aeroporti pur considerando la loro funzione di catalizzatore per lo sviluppo economico del territorio e dell’intera nazione in cui esso si trova, nel quale sono localizzati i singoli scali devono scaturire da un fattore cruciale.
Le policy dei gestori aeroportuali e quelle delle società, enti, partecipate consorziate nel supporto di uno scalo determinano entrate, proventi e bilanci che non possono inquietare le singole amministrazioni.
Qualora siano registrate perdite e costi rilevanti, talora eccessivi in situazioni "industriali-economiche" senza ritorno quale potrebbe risultare l'opzione manageriale migliore?
Le esperienze del settore aeroportuale di altri Paesi della UE potrebbe rappresentare un modello da analizzare e, magari, perseguire?
Non era forse stata indicata (Min.Tesoro-DEF del settembre 2012) l'esigenza di evitare la costruzione di nuovi aeroporti (Firenze Peretola) e di rendere funzionali (interesse nazionale) gli scali del “core network” delle reti TEN‐T aventi oltre un milione di passeggeri/anno (ma non era forse meglio 2 milioni?) limitando in tal modo la rivalità e competitività meramente campanilistica e non congrua con l'identificazione di bacini di traffico redditizi e proficui e dinamici.
Le concessioni e l'esercizio dei restanti scali avrebbero potuto essere risolti nel comunque dispendioso trasferimento degli aeroporti non di interesse nazionale alle Regioni (DL n. 85/2010).
La criticità della maggioranza degli aeroporti italiani e l'urgenza di piani di riequilibrio economico finanziario in aggiunta alle gravose politiche di co-marketing (senza i quali le aerolinee non solo tagliano destinazioni e frequenze ma abbandonano inevitabilmente gli scali) non agevolano, comunque l'ingresso di capitali privati.
Quali possono risultare le politiche di risanamento economico se il Piano Nazionale Aeroporti non viene radicalmente aggiornato e modificato?
Manager aeronautici qualificati ed esperti del settore, senza correttivi, non sono in grado di fronteggiare lo status del sistema del trasporto aereo del Belpaese. Vanno analizzati scenari di delocalizzazione del traffico attraverso una riconfigurazione dei bacini di traffico adottando realisticamente il criterio "raccolta di utenza a distanza massima di 2 h di percorso in auto da un aeroporto di particolare rilevanza strategica".
Perseguire lo sviluppo degli aeroporti italiani implica - inevitabilmente - due capisaldi: evitare la costruzione di nuovi aeroporti e l'individuazione di quelli strategici al Piano Nazionale Aeroporti.
Gli obiettivi di incremento del traffico aereo al 2030, dinamiche concorrenziali effettive, concentrazione di nuovi investimenti aeroportuali (infrastrutture, accessibilità, safety, security, compatibilità ambientale) potranno porre gli strumenti atti a fronteggiare le criticità di bilancio crescenti nelle gestioni-concessioni aeroportuali . Assegnando al "mercato" competitivo tra gli scali un reale valore e efficacia.
Il capitolo del finanziamento pubblico - aiuti di stato - al settore del trasporto aereo, ma sarebbe meglio precisare, della politica di co-marketing e/o sostegno ai voli di tantissimi aeroporti del Belpaese deve presupporre una modifica della specifica normativa Europea.
Le valutazioni dovrebbero individuare invece soluzioni compatibili con "eccezionalità" di tali operazioni di incentivi al volo. La realtà italiana ha, invece, fatta diventare tanto sistemica quanto controproducente e esiziale, con un aggravio crescente dei costi. Peraltro sostenuti dal sistema pubblico di società ed enti partecipati, perciò avulso dalla stessa società di gestione aeroportuale. Che ne beneficia.
La positiva gestione di uno scalo aereo rimanda ai costi standard: quali sono volumi di passeggeri/anno minimi? Quelli che garantiscono l'esercizio in pareggio e coprono i costi operativi e di capitale?
Qualcuno identifica tale soglia in 1,5 milioni di passeggeri/anno. Un volume di traffico inferiore comporta, inevitabilmente, bilanci e prospettive negative. Di possibile sopravvivenza solo con costanti iniezioni di nuove risorse e capitali, spesso - sempre? - operazioni sostenute da finanziamenti statali-pubblici.
Quanti sono gli scali del Belpaese in questa situazione? Troppi!
Le alternative praticabili inquadrano innanzi tutto una revisione del Piano Nazionale Aeroporti.
L'obiettivo di azzerare gli incentivi ai voli, probabilmente, rappresenta invece un traguardo che i manager delle società di gestione aeroportuale dovrebbero - strategicamente - perseguire. Con un interrogativo finale: senza co-marketing quanti sarebbero invece gli aeroporti italiani con volumi di traffico superiori a 1.5 milioni/anno?
data inserimento: Venerdì 08 Luglio 2016